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selva prima 199


— O me felice — dissi allor — non mai
esser nasciuto e, senza altra vittoria
di carne, gioir sempre in gli alti rai!
— Ne’ rai — quella rispose — de la gloria,
de cui ragioni, per gioir non eri,
se pria non dato avessi qui memoria.
Alma non fu né fôra mai che speri,
innanzi d’esta vita i vari affanni,
viver del ciel in que’ lunghi piaceri.
Guarda, figliuol, che forse tu te ’nganni,
s’esser for che ’n idea ti pensi eterno,
nanti la forma de’ corporei panni.
Li quali ebber principio dal soperno
Padre, con l’alma scesa in questi guai,
ove, de la vertú se col governo [«Aequaliter se in adversis gerere quid aliud est quam saevientem fortunam in adiutorium sui pudore victam convertere?». Val. Max.]
di questo vento l'onde sosterrai,
che non ti caccia quinci e quindi a voglia,
oh lode, oh fama, oh pregio che n’avrai!
Però d’esser nasciuto non ti doglia,
né di Almafisa il sdegno oltra ti prema,
ché ’n ciel déi riportar felice spoglia,
e salirai sopra la cinta estrema,
che le soggette del suo moto avvisa
e molto di lor proprio moto scema.
Anchinia industre sono, sempre fisa [Industria.]
supplir ai mancamenti con bell’arte,
se mancamento è in quella d’Almafisa.
Né son, quand’ella cessi, per mancarte [Industres homines, ubi dormitare videtur natura, exiliunt.]
di pronti avvisi e di sagaci modi,
scoprendoti mie prove in ogni parte.
Fra tanto cosí stretto in questi nodi
voglio tenerti, fin che a tempo ritto
ti sosterrai su piedi fermi e sodi.
Ma viene ecco mia sore, che ’n Egitto [Ars liberalis.]
uscita, da’ caldei l’uman dottrina
portò de le scienze a tuo profitto;