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198 caos del triperuno


in questa terra, né si cela e scopre
il sol eternamente: sol un franco
e fermo stato è molto al ciel dissopre.
Di lá cadesti e sei per montarvi anco,
se ’n questa umana vita di due strade [«Littera Pythagorae discrimine secta bicorni». Virg.]
dritto sentiero pigli e lasci ’l manco.
Però ch’al fin de la piú molle etade
ti trovarai sul passo di Eleuteria,
che per doi rami è guida a dua contrade.
Quinci ratto si viene a la miseria,
quindi al pregio acquistato per lung’uso,
ché s’ha quanto di aver si dá materia.
Ovver fia dunque tempo che ’n ciel suso
ritornarai vittor di questa giostra
o cascarai, di quel che sei, piú giuso.
La donna, che sí cruda ti si mostra,
fidel ancilla de l’Eterno Padre,
non odiar, perch’è la madre nostra,
nostra non pur, ma d’ogni pianta madre,
Almafisa chiamata, che riceve
sua fama in variar cose leggiadre. [Pulchrum naturae varietas est.]
E s’or il mondo t’ha cangiato in neve,
non d’aspettar t’ incresca, perché i lidi
rinnovellar de’ fiori ancor ti deve.
Né sia perch’animale alcun invidi
uomo per piume o squame o pel che s’abbia,
né perché sappian tesser antri o nidi;
e tu sol, nudo, isposto a l’empia rabbia
di Borea, veda ogni vil canna e legno
armato contra ’l freddo ed atra scabbia.
Questo forse ti pare d’odio segno;
pur sta’ sicuro e fa’ che ti conforte,
ch’odio non è, ma sol un breve sdegno.
S’odio tal fusse, ti darebbe morte, [«Teneamus ut nihil censeamus esse malum quod sit a natura datum hominibus». Cic.]
né avrebbeti produtto Dio giammai
né fatto del suo regno al fin consorte.