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dialogo de le tre etadi 183

Tre fonti, oltra le tre del mio Liburno,
nacquer d’un capo santo al sbalzo terno: [San Paolo.]
cosí Merlino, Fúlica, Limerno
si calcian d’un Teofil il coturno.
Mantoa sen ride e parla con Virgilio:
— Tu sei pastor, agricola, soldato,
perché del nòmer terno Dio s’allegra.
Ridi tu meco ancora, dolce filio,
quando che sotto un nome triplicato
sortisca una confusa mole e pegra. [Caos.]


fúlica.

Fermati alquanto, lettore amantissimo. Son certo che lo exastico e sonetto di mei compagni di sopra ti parono duri e scabrosi. Non vi slungar, in guisa di rinoceronte, suso il naso, ti prego, ché ’l ladro il quale rubasse di giorno saria tantosto compreso. Quivi ci fa mistiero di scurezza e caliginosa nebbia: ma se li capoversi per tutto il nostro Caos provvidamente scegliere saperai, chiaro e limpido finalmente ti parrá lo intricato soggetto nostro. Ma solamente un bell’avviso quivi darti intendo: che totalmente sul ternario numero siamosi, per conveniente ragione, fundati. Prima tu vedi lo titolo del libro essere tre parole: [Tre parole de titolo. Tre folenghe. Tre donne. Tre etadi. Tre fogge di parentado. Tre argomenti. Tre parti d’ogni argomento. Tre nomi. Tre selve. Tre allegorie.] Caos del triperuno. Segueno poi le tre folenghe, ovver fòliche son dette, le quali sono antiquissima insegna di casa nostra in Mantoa. E sotto specie di loro succedono le tre donne di tre etadi e di tre fogge di parentela, da le quali derivano li tre prolissi argomenti, ciascuno di loro in tre parti diviso. Noi siamo poi di tre nomi: Merlino, Limerno, Fúlica. Li quali, cominciando il nostro Caos, in tre «selve» lo spartimo, con li soi tre sentimenti; ma lo piú autenticato al giudicio de l’ingenioso lettore dimettemo.