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176 caos del triperuno


Corona. Non voglio parlarne.

Paola. Perché?

Corona. Temerei di qualche maladizione.

Paola. Or su confortati, figliuola, ché al poledro fu sempre concesso puoter fin a doi capestri rumpere. [«Iuvenile vitium est, regere non posse impetum». Sen.]

Corona. Non rumpa giá lo terzo.

Paola. Anzi totalmente nel ternario numero fermatosi, ha messo a luce il Caos del triperuno.

Corona. Qual Caos del triperuno?

Livia. El pare che non ti sovvegna!

Corona. Non mi sovviene per certo.

Livia. Le tre «selve», le quali heri legessimo, e, per segno di ciò, una allegoria bellissima tu di quelle saggiamente cavasti, quantunque io sia di senso molto dal tuo discosto.

Corona. O smemorata me, ch’ora me lo ricordo! Ma dimmi: è di Teofilo?

Livia. Non sai che solamente vi si fa menzione di Merlino, Limerno e Fúlica?

Corona. Troppo me lo ricordo! Ma che fusse di tuo fratello Camillo mi pensava.

Livia. Tu non pensasti dritto: è di Teofilo.

Paola. Cosí è; ma ditemi ambe dua lo argomento vostro che imaginato vi avete sopra questo Caos, ché ancora io lo sentimento mio vi narrerò. Comincia tu, Livia.