Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/180

174 caos del triperuno

composto sotto il nome di Merlino Cocaglio ancora non ti si parte dal cuore?

Corona. Anzi ognor piú me lo parte e straccia.

Paola. Deh! stolta, tu t’affanni oltra quello che a te non tocca.

Corona. Piú d’ogni altro mi tocca, ché piú d’ogni altro son certa che l’amo.

Paola. Piú di me?

Corona. Piú di te.

Paola. Di me, ch’io gli son madre?

Corona. Ed io doppia sorella.

Paola. Non l’ami tu giá dunque, se doppia gli sei.

Corona. La causa?

Paola. Tant’è dir «doppio» quanto «falso».

Corona. Or su, non motteggiamo, prego! [Sales animo languenti amarae sunt.]

Paola. In che modo gli sei dunque doppia sorocchia?

Corona. Carnale e spirituale.

Paola. Carnale sí bene, spirituale non piú giá.

Corona. La cagione?

Paola. S’ha gittato il basto da dosso l’asinello.

Corona. E rottosi ’l capestro.

Livia. E tratto di calzi.

Paola. Or cangiamo cotesto ragionamento in altro. Hai tu letto l'Orlandino?

Corona. Letto? trista me! appena veduto.

Paola. Come? ti vien interdetto forse che da te con l’altre tue sorelle non si poscia leggere?

Corona. Sí.

Paola. Chi fu questo pontifice?

Corona. La ragione.

Paola. Perché cosí la ragione?

Corona. La quale m’avvisava dover essere peggior Limerno che Merlino.

Paola. Leggerlo almanco voi dovevati.

Corona. A che perder il tempo?

Paola. Taci, ché d’ogni libro qualche cosa s’impara.