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DIALOGO

DE LE TRE ETADI


Paola attempata — Corona giovene — Livia fanciulla.


Paola. Tu piagni, figliuola, e che ti senti tu? [Mater prima, secunda soror, mihi tertia neptis.]

Corona. Nol sai, madre, senza che me lo chiedi?

Paola. Se 'l sapessi giá, non tel dimandarei.

Livia. Dicerottilo io, dapoi che le molte e abbondevoli lagrime t’interrompeno la voce.

Corona. Taci lá tu, pazzarella, ché pur troppo è di soperchio a me sola questo cordoglio, senza che tu v’involvi dentro e lei ancora.

Paola. Non siano parole tra voi! O tu, o tu me lo narri senza piú indugio.

Corona. Piango la mala sorte di mio fratello Teofilo, a te figliuolo.

Paola. È forse morto?

Corona. Sí, d’onore e reputazione.

Paola. Maladetto sia l’uomo il quale disprezza la fama sua. [Maledictus homo qui negligit honorem suum!]

Corona. Dio pur volesse che la vergogna fusse di lui solo!

Paola. So male che responderti, non t’intendendo ancora: dimmi, ha commesso qualche adulterio?

Corona. Grandissimo.

Paola. È di carne... Ma in che modo?

Corona. Qual trovasi maggior adulterio essere che de lo ingegno suo pellegrino, che de le tante lui grazie dal ciel donate usarne male?

Paola. Grande ingratitudine per certo! Ma comincio giá la causa di questo tuo rammarico intendere: lo poema da lui