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CAPITOLO OTTAVO


1
L’istoria del beato Griffarosto
che per domenticanza ne la penna
rimasta mi era, or la mia Musa tosto
di lui cantando carca su l’antenna;
Musa che, accortamente dal proposto
cadendo, mentre dir Orlando accenna,
un vento par che dal culino vaso
minaccia le calcagna e dá nel naso.
2
E cosí advenerammi finalmente
quello che ad un pittor di villa occorre,
che, un santo Giorgio armato col serpente
pingendo, vòl sembrarlo al fort’Ettorre:
al fin si scopre un mastro cavadente,
che tutte le cittá pel mondo scorre
s’una mulazza vecchia con le cure
da guarir piaghe e mille altre rotture.
3
Io dunque d’Orlandino canto poco
e molto piango de l’altar di Cristo;
io fingermi «pitocco» movo a gioco
e del fallir de’ chierici m’attristo;
di for Cerere e Bacco, dentro invoco
lo mio Iesú, che faccia omai sia visto
sott’ombra spesso del nobil vangelo
regnar Satán d’un cherubin col pelo.