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138 | orlandino |
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La forca fugge, e tu le corri drieto,
giotto, cavestro e ladroncel che sei:
ancora non sei lungo com’ho ’l deto,
e for del ciel ti credi trar i dèi?
Presontuoso ed animal inqueto,
che, a far bona giustizia, ti dovrei
dar mille staffilate a piú non posso,
che ’l cul di sangue avessi negro e rosso! —
61
Rispose Orlando: — Perch’io son legato,
tu mi chiami cavestro e ladroncello!
se de le braccia i’ fussi liberato,
ti mostrarei che sei di me piú fello.
Io son d’italiano sangue nato,
e la mia casa «Chiaramonte» appello.
Mio padre vive ancor ed è Milone,
contra ragion bandito da Carlone.
62
Però tu parli come poco saggio;
né sai, chi parla troppo se ne pente;
tu pensi ad un furfante dir oltraggio,
e pur lo dici a Orlando qui presente:
forse non sempre avrai questo vantaggio,
se ’l torto che mi fai mio padre sente.
Guárdati innanzi e lasciami ch’io vada,
ché forse avrai barbier ch’al fin ti rada.
63
S’ho rotto ad Olivier tuo figlio il naso,
esso m’ha rotto prima l’occhio e ’l muso.
Se Nicolao Delirans e Tommaso
scendesser con soi libri dal ciel giuso
a darmi torto in questo nostro caso,
io gli direi che la conocchia e il fuso
sarebbe meglio stata ne lor mani,
che diffinir di Dio li sensi arcani.