Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/116

110 orlandino


12
Farebbon giá l’assalto; ma che ’l giorno
sparito venga in tutto, attenden prima.
Berta con altre donne fa soggiorno
sotto coperta de la prora in cima:
d’ogni altra cosa pensa che del scorno
lo qual in lei quel tristo far estima;
onde, corcata in grembo d’una schiava,
col sonno le sue membra ristorava.
13
Milon, che di saper volge ’l desío
se di Parigi alcun sapesse nova,
dimanda forte: — Ditemi, per Dio
(s’alcun ch’il sappia dir tra voi si trova),
è vero ch’un Milon malvagio e rio
ha fatto contra Carlo un’empia prova? —
Risponde un grande vecchio: — E’ con effetto;
e dirtelo saprò, se n’hai diletto. —
14
Chi sia cotesto vecchio in fronte grave,
c’ha lunga barba ed occhi di Saturno,
niuno sa di quelli entro la nave;
ché ’l finto volto ed anco il ciel notturno
lo asconde lor, né senton che ’l gran trave,
mosso non da Levante o da Vulturno
ma dal suo spirto, vola in tal prestezza,
ch’un veltro non va piú, anzi una frezza.
15
Volendo, in mille forme cangia ’l volto,
tant’è ne l’arte magica perito;
scioglie d’amor il vinto e vinge ’l sciolto,
affrena i fiumi e chiama i pesci al lito;
fa ’l matto saggio, e ’l saggio venir matto,
e cava l’ombre d’Orco e di Cocito;
la luna, stelle, foco, piante e marmi
costringe a la violenza di soi carmi.