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lett. it., XXXVI, 295. Chi mai se non il Folengo avrebbe potuto non solo rifarle da capo a fondo con cosí pittoresca rappresentazione de’ costumi rusticani, ma dar loro quell’intimo legame che le rannoda saldamente al resto della Zanitonella? (cfr. l’Appendice III).

Un altro esempio di innovazione artistica squisita abbiamo nell’episodio di Tognazzo, beffato atrocemente da Cingar e Berta. Il vecchio pazzo, nel ricordare l’estinta consorte, si abbandona anche nella Cipadense ad un elogio grottesco, che richiama le lodi del Berni alla sua donna:

Chiome d'argento fine, irte e attorte.

La parodia è troppo sbardellata per produrre altro effetto che quello d’una sghignazzata grossolana: meglio avvisato, il Folengo pone in bocca a Tognazzo encomi appropriati, che riescono molto più comici per la serietá con cui li pronuncia il solenne console di Cipada (vv. 527-44 del libro VI).

I ritocchi fatti dal Folengo all’eloquente arringa di Berta in difesa del bistrattato bel sesso (libro VI, vv. 435-526) dimostrano egualmente il piú fine magistero d’arte: e generalmente la sua mano fu sempre ben guidata sia nell’aggiungere qualche tratto alla caratteristica dei personaggi, sia nel variare gl’ingredienti di quel suo realismo «rapido, nutrito di fatti, sobrio di colori», sia nel rendere la dizione piú scorrevole e incisiva, piú facilmente intelligibile a tutti.

È invero degno di nota che mentre il Folengo volgarizza e maccheronizza (sit venia verbo) di piú l’espressione, evita però nell’ultima redazione, in confronto della Cipadense, certe locuzioni troppo strettamente dialettali, che anche la comune de’ lettori italiani del suo tempo non avrebbe potuto comprendere senza le note marginali della Toscolana o senza un apposito lessico.

Quali son dunque le modificazioni della Vigaso Cocaio da lamentare ne’ rispetti dell’arte? — Francamente, non ve ne sono che di trascurabili, data la vastitá del rifacimento, o di pienamente giustificate.

Se il Folengo ridusse a pochi versi i molti brani di latino classico di cui riboccava la Cipadense, lo fece sicuramente e per serbare alle Maccheronee maggior unitá di colorito, e per eliminare composizioni, che, nelle more della stampa, affidata al cugino Francesco, aveva creduto nel 1533 di pubblicare co’ Pomiliones del fratello Giovan Battista. Questa ripetizione dové parere scon-