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I

FRANCESCO FOLENGO ALLI LETTORI

Molte furono le cagioni per le quali era persuaso da sani consigli allo autore di questo libro che per ogni rispetto egli dovesse por mano a zappe di megliore temperatura di quelle con le quali prima cosí strabocchevolmente la sua giovinezza, rare volte su buono giudicio fondata, si mise a coltivare questa sua di ciancie imboschita campagna, e che con ogni studio e diligenzia curasse che essa tutta ringiovenita piacesse. Ma egli, che molte volte con esso meco lamentato si era troppo leggermente aversi lasciato trasportare a far quelle cose donde biasmo perpetuo a riportarne s’abbia, pensò molto difficile cosa a lui essere il dovere consentire a quegli tali che a ciò fare lo speronavano, travegnendovi eziandio le non puoche riprensioni cosí de litterati giudici come de religiosi spiriti. Nondimeno, vedendo egli poi, per colpa de alcuni leggeri di armatura, essere nata e cresciuta non so che sciocca ed al tutto falsa openione, non meno da chi sanno recevuta che da coloro non sanno: che cotesto volume di favole non sia dentro tale quale di fuori si mostra essere, ma che dallo istesso autore siano sotto ruvide scorze ingeniosissime allegorie istate nascose, cominciò cosí a puoco a puoco rallentare quella indurata sua voglia di non mai piú riducersi a simile iattura di tempo. Non che per lo vero egli negasse questo tale poema essere al tutto fuora di qualche allegorico senso; ma dove travegna infamia e disonore di signalate persone, tanto in dottrina quanto in onestá di vita, non volse per alcun modo fusse creduto in lui giamai essere istato intendimento tale, cioè di bruttar carte in scherno e gravezza loro; e chi fino a qui avuto avesse cosí torta openione, overo ad altri fussesi sforzato persuaderla, volesse con veritá cosí da se medesimo