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IV - LA PALKKMITANA
So per li merti altrui non si conviene
fuor che di Cristo riputarsi eletto,
ché ogni altro merto in sé nequizia tiene.
So ch’uomo non fu mai senza difetto,
per giusto che si fosse, né salvossi
se non per Cristo, sol di colpa netto.
So che sentenza in Dio non mai cangiossi
di serbar tutti, ed ab aelerno elesse
quai degni fian ch’ai ciel gli abbia promossi.
So che gli umani dal prim’ovo impresse
di ragion fra due vie, che in tutto l’una
fuggir qual peste, l’altra entrar dovesse.
So questo, e sollo non per arte alcuna,
perché si debbia disputarne e, meno,
lá dirne ove la turba si raguna;
sollo per sola fede, e i sensi affreno
al saper alto, e l’intelletto abbasso,
e vo serpendo in piccol orto ameno.
Vo, dico, alcun fioretti passo passo
meco tessendo in umil ghirlandetta,
e i gran giardini e i chiostri ad altri lasso.
Piú cerco ed aggio a grado una valletta
col suo poggetto accosto e un rio che bagno
novelle piante, fiori e molli erbette.
Che salir monti e traversar campagne?
ch’entrar d’antique selve i labirinti,
ov’io mi perda e indarno alfin mi lagne?
Oh, come oggi son pronti e van succinti
nostri dottori alle salite alpestre,
tutto che sian dal borea risospinti!
Come cercan per porte e per finestre
al ciel ir entro, e a forza il quia trarne
delle cagion sinistre e delle destre!
Come fingon saperle, anzi parlarne,
e saper diffinirle portan vanto,
benché lo spirto in lor serve alla carne!