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— O somma Sapienza, tu, che, uscita
di bocca dell’Altissimo, contieni
30gli estremi fini, eterna ed infinita:
tu, che disponi e fai, poscia mantieni
quel c’ hai disposto, fatto, tolto e dato,
or dolce, non ancor terribil vieni!
Vieni, salute mia, ch’io troppo ingrato,
35ch’io troppo sconoscente e fragil uomo
mi riconosco, e piango il mio peccato! —
Detto ciò ch’ebbe, lancia in aria il pomo
il qual s’aperse e tant’odor n’uscio,
ch’ai balsamo fe’ scorno e cinnamomo.
40La gentil Èva allor con voce, oh Dio,
quanto alla cetra gaiamente aggiunta!
cosi dolce cantò, ch’io ne morio:
— Ecco, fiera infernale, a che sei giunta
per bene alla gran colpa indotta avermi,
45ove il concetto odor per lei giá spunta!
L’arbor del ben e mal fin qua gl’infermi
e fracidi suoi frutti al secol rese,
ch’ebber fuor bella scorza e dentro vermi.
Il mal fini il suo corso, e mi riprese
50finor giustizia, ed odiosa fui
come colei che cielo e terra offese.
Or della pianta il ben gli effetti sui
resta mostrarci, e in questo amor mi loda,
ché semplicetta udii gl’inganni tui.
55Perché, dalla tua mal pensata froda
uscendo il fin del tuo mal tolto regno,
tal t’apre il capo e troncati la coda.
Col legno hai vinto: vincati col legno!
Cosi di tua malizia in tua ruina
60Dio tragga un atto sopra ogni altro degno!
Compito ch’ebbe, ancor s’asside china,
e Abel, suo figlio, s’alza ed ha quell’agno,
che tolse a sé nel ciel la man divina.