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Siciglia mia, d’illustri ingegni madre,
per quei titol di «pessima» non prese,
ma per tiranni e per lor opre ladre!
E pur, se ad atto pessimo distese
35la man popol alcun di nostra prole,
fu che il re loro a questo far l’accese.
Languendo il capo, tutto il corpo duole;
e, quando impallidir vedi la pianta,
dalla radice è in preda alle tignuole.
40Voi, gente fuor dell’altre eletta e santa,
Dio sol per vostro re, per vostra guida
aveste ognora e il mondo ve ne vanta !
Ma dove peggior ladro ed omicida
fu mai di voi? dov’è manco fedele?
45dove piú il morbo d’ogni vizio annida?
Dio, vostro re, non sparse giá quel fiele
in voi, siccome in noi re maledetto,
anzi vi trasse al mar di latte e miele.
Chi fu giammai di voi ed or chi è netto
51) di cosi varia lebbra? qual incesto,
qual sacrilegio in voi non ha ricetto?
E nondimeno, alla pietá piú desto
che alla vendetta, il vostro Imperatore
si v’ama e serba, che vi par molesto.
55Oh sua bontá tropp’ampia! oh immenso amore!
voi tanto il divin modo in uso avete,
che andate a securtá dietro all’errore.
Voi foste, siete e piú che mai sarete
al vostro ben ritrosi, al mal isnelli;
60si che conchiudo: pessimi voi siete!
Or non memoria piú di questi felli ;
lévati, o pellegrin, la fronte ancora.
Agrippa vien fra odor di gigli belli. —
Parlò cosi quel saggio, il qual onora
65non pur Trinacria sua, ma Italia nostra;
ed io la fronte alzai senza dimora.