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La tortorella le sue antiche ambasce
odesi mormorar dal caro nido,
105e il vago armento le moU’erbe pasce.
Vieni, colomba, vieni, ch’io m’assido
qui fra cavate pietre e duri sassi,
ove t’attendo e sospirando grido.
Tanto sei dolce e tanto i vaghi passi
io muovi leggiadramente, o suora, o sposa,
quanto sei bella e l’altre addietro lassi!
E se non sai quantunque sei formosa,
o tra le figlie amata pastorella,
esci col gregge tuo, né star nascosa!
115Come tra spine un giglio, cosi bella
tra l’altre vai, né piú leggiadri tiene
occhi colomba e guance tortorella.
Il cuor ferito m’hai, sciolte le vene
con un degli occhi tuoi; con un de’crini
120il cuor ferito m’hai. Chi mi sostiene?...
Vieni nell’orto mio, d’allori e pini
sotto lor ombre, ove si miete e coglie
mirra con altri odori a lei vicini !
Vien’ dunque, vieni a medicar le doglie
125de’miseri mortali, o grazia, o fede,
o amore, o zelo di Colui che toglie
le colpe nostre in croce e al Padre riede! —