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Palermo allor si volge, e mi fa cenno
ch’io drizzi ben l’orecchio agli alti accenti,
ch’uscir del sol d’ogni scienza denno.
70Quella, che porta lui con guarnimenti
di gemme carchi (ed egli n’era carco),
vien con l’andar soave a passi lenti.
E giunto ove dovea restarsi al varco,
quest’oracol, di sensi accesi adorno,
75dal petto usci di quel suo amato incarco:
— Tenean le cose gran silenzio intorno,
e della notte mezzo al corso il lume
del minor ciel voltava il freddo corno,
quando l’onnipotente Verbo e Nume
80dell’alta gloria tua, Signor, dal seggio
regai discese al nostro uman costume.
Aspro debellator, senza pareggio,
col ferro acuto inalza il suo gran Stato,
mentre corregge il mal, condanna il peggio. —
85Tal fu sentenza di quell’assennato,
che tacque alquanto, e poi di nuovo aperse
la dotta bocca come innamorato:
— E chi è costei, che quale aurora s’erse
fuor del suo ameno orientai giardino
90tra bianche rose, tra vermiglie e perse?
Non men di Cinzia illustra il matutino
con l’alte sue bellezze e negli odori
del giglio, del giacinto e gelsomino.
Anzi costei fra mille bei colori,
95eletta come il sole, adorna il cielo
di stelle d’òr, la terra d’erbe e fiori.
Sorgi, colomba mia, sorgi col velo
delle tue piume bianche piú di neve,
piú di ligustro su. suo verde stelo!
100Vieni, formosa mia, ché il tempo breve
portasi lunge il verno, e a te rinasce
stagion di fiori e l’aura dolce e lieve!