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Piú sempre e piú gonfiavasi quel nembo,
che d’umor s’empie e cresce a poco a poco
in fosca nebbia con fiammato lembo.
70Giá n’era pregno il vacuo di quel loco,
quando repente ad una chiara voce
ruppe quel ventre ed avvampò gran fuoco.
Non sparan fiamme e tuono piú veloce
metallo alcun da ròcca o armata nave,
75o quel del ciel ch’a lauro mai non nuoce,
come quel corpo ha la parola grave,
che disse: — Fia la luce! —s’apre e sferra:
restan le fiamme e vanno l’ombre cave.
Piú d’un de’ spettatori andáro a terra
80in quel gran scoppio, e poscia dolci accenti
di melodia l’aperto ciel disserra.
Alzo la mente e gli occhi insieme attenti :
odo d’umane voci concordanza
con lire giunte, flauti e piú strumenti.
85Quivi un Dio padre, in mezzo all’onoranza
di spiriti e sostanze allor create,
pende, elevato e sopra tutti avanza.
Rote di cherubin dense e infiammate
con numerosi giri e danze altiere
90muovono intorno a tanta maiestate;
vanno disgiunte innanzi e dietro schiere
d’angioli, Potestá, Virtuti e Troni
ed altri d’altre qualitadi e spere.
De’ primi l’ordinanza fino ai noni
95(ché nove son di tutti lor le squadre),
tien nove capi e splendidi baroni.
Il primo è Lucibèl, che sue leggiadre
fattezze ha sopra gli altri e piú riluce,
ché piú s’appressa sempre ai rai del Padre.
100Poi vi è di Dio Fortezza, chiaro duce
d’un giunto a lui esercito, se mai
fia chi rubelli a quell’eterna luce.