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CANTO XIII

Discorso della crudeltá dei tiranni contro i martiri.
Profezia compiuta in Erode: «Non auferelur •.
Per concitar piú contra sé quell’empio
e troppo allor pernicioso mondo,
Giesu, di toleranzia sommo esempio,
nacque, visse, mori sotto l’immondo
5e crudo imper dell’uno e l’altro Erode;
ché in culla il primo, in croce ebbe il secondo.
Cosi poi volle e vuol eh’ovunque s’ode
regnar tiranni barbari e superbi,
nati ad incesti, uccision e frode,
io lá un Pietro, un Paolo avventasi, né serbi
rispetto alcun, sebben di sangue un guazzo
riporti e rotte Tossa e spenti i nerbi.
Sallo Sisto, Lorenzo, sallo Ignazzo;
sannoio mille e mille e centomiglia,
15che forte improperáro al mondo pazzo.
E che dir puossi quanto sia vermiglia
stata la faccia della terra ai sangui
non dirò d’un’Agnese o pur Ciciglia,
ma d’infinite simili, che gli angui
20d’odio, di rabbia in petto di quei tori
schiacciáro, ed ei restar confusi, esangui?
Donne di quindici anni ebbero cuori
d’acciaio contra orribili tormenti,
se fosser stati tra moll’erbe e fiori!
25Queste fúr torri inver, ch’a turbi, a venti,
ad impeti di piogge, a fiumi ondanti
ben fermi in Cristo avean lor fondamenti.
Cristo gli è pietra e scoglio, in cui lor pianti,
lor ceppi, eculei, croci, sangue ed ossa
30fondár quai marmi sodi ed adamanti.