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CANTO VII

La sacrosanta incarnazione del Salvatore.
L’alto Valor, ch’ogni altro vince e atterra
e che, ad un punto e ad un voler di mente,
di stelle il ciel, di piante ornò la terra,
sedea in se stesso altiero e onnipotente.
5pensando ai pianti e dolorose stille,
ch’ascendon sempre a Lui dall’egra gente.
Un grido ancor di mille voci e mille
mosse dai bianchi spirti e sempre ardenti
ver’ noi fra l’amorose lor faville:
io —O Tu, che contemplarti a noi consenti,
sai quanto il tuo prim’uomo d’interesse
fu sempre a queste e alle future genti!
Pur egli un pomo finse, il qual avesse
mentr’era in carne, ed or, mentre n’è fuora,
15negli occhi ognora e ognora ne piangesse:
piangesse il fallo grave che l’accora,
ove destò la morte, apri l’inferno,
perdette Astrea per acquistar Pandora.
Vedi, Bontá infinita e Amor eterno,
20vedi gli empirei scanni algenti e vóti
de’bianchi spirti, e i foschi ne fan scherno!
Tu, che sei presto agli umili e devoti,
né mai fra l’uomo e l’angelo parteggi,
fa’grati i prieghi loro e i nostri voti;
15volgi quel guardo tuo pietoso ai seggi,
che polverosi son, che senza rai:
ornali Tu, ché Tu sol signoreggi!
A che l’uom vedi errar fra tanti guai,
nascer in ira, in morte ed in peccato,
ir all’inferno, e mano non gli dai?
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