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Come fu pronta mietersi la chioma,
nudar i piedi, e in sacco ed in cilicio
105tór della croce l’onorata soma!
Quanto per me sudor, quanto supplicio
sempre fedel portò, constante e forte
contro tiranni e lor crudel giudicio!
Or tienti a lei, che chiuse tien le porte
no a frodi, furti, agguati e tirannie
e a tutti i mal del popol della morte.
Lascia le putte, i paggi e le pazzie,
dannose si, che a me siccome furie
vibran ceraste ed idre l’eresie.
115Le tue sfrenate e prodighe lussurie
piú ch’a me dietro stigan cani e lupi,
piú aumenti al Padre mio proterve ingiurie.
Ecco dall’iperboree alpestre rupi
s’apre ogni mal per minarti addosso,
120mentre che in ozio e vanitá ti occúpi.
Quinci ti vien da rodere dur’osso,
ch’a te disrompa i denti; a me li cani
per tua cagione fabrichin sul dosso. —
Cosi parlò il Fantino, e, monti e piani
125lasciando a spalle, al suo tugurio torna.
La Madre ancor gli fascia i piè e le mani.
Giá Febo a noi le luminose corna
lasciato avea della gelata sore
e in le contrade a noi diverse aggiorna.
130Io mi sottraggo della grotta fuore,
indegno starvi dentro, e guardia fida
mi faccio tutta notte al Fondatore
dell’universo, che sul fien si annida.