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IV - i.A PALERMITANA
CANTO XXII
Discorso delli tiranni alla veritá molesti e crudeli.
Profezie di Esaia, Geremia, Esdra e Abacuc.
Chi vuol d’odio appagarsi e mal volere
da quei ch’alle lor voglie non han freno
e in vista uomini sono e in atto fiere,
chi fuoco d’ira e di rancor veleno
5gradisce trarsi a spalle, anzi tempesta,
folgori e tuoni al suo tranquil sereno,
la veritá di volga, la qual, desta
dall’ombre ornai, sen va dagli alti tetti,
ove fu sempre sovvertita e pesta,
io Non volge i crudi sguardi, si mal netti
eli sangue altrui, qualch’improbo tiranno,
come contro chi ammenda i suoi difetti.
E, perché tali da temer non hanno
le umane leggi e sprezzali le divine,
15la briglia in tutto ai lor piaceri danno.
E, se un buon Esaia lor indovine
ira del ciel sovr’essi, o Geremia,
per ammollir quell’alme adamantine,
se un Battista Gioanni, un Zaccaria,
20se desso in carne Dio, ver uomo fatto,
s’apponga scorger loro a miglior via,
ecco l’insania in quegli avvampa a un tratto,
ch’occupa i cuori, e se ne drizza un regno,
né vuol tregua col ver né amor né patto.
25Rabbia, cordoglio intemperato e sdegno,
ira, furor, vendetta, oltraggio e morte
congiuran tutti a questo lor disegno.
Ch’ove si opponga alla lor dolce sorte
l’altrui temeritá, spargendo voci
30di vero contro a questa e quella corte,