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— O Dio con noi, eh’Emmanuel sei detto,
Re nostro e della Legge alto datore,
105per vero Dio da gente strana eletto;
Tu solo sei delle cagioni autore;
Tu tutto muovi, e tutto immobil stai;
Tu egual non senti che te stesso in fuore!
Vien’, d’amor vinto, vien’ dagli alti rai,
110vien’ dal ciel chiaro in questa fosca valle
di pianti, di miserie, affanni e guai! —
Detto ciò ch’ebbe, Daniel a spalle
di quello alzossi, e del suo centro interno
snoda parole e piú intricate falle.
115— Al tempo — disse — ordito al ben superno
da sette volte diece settimane,
presso le quali viene il Figlio eterno,
nel cieco abisso del tartareo cane
con le catene del peccato l’uomo
120non se ne scuote dalla sera a mane.
Venga Egli adunque ad addolcire il pomo,
e che il ramo del mal sol rompa e schianti,
che tosco non piú dia, ma cinnamomo!
Tu, Ezechiel, che i cittadini pianti
125nostri hai tant’anni, ora col tempo ancora
cangia l’usanza e il duolo in lieti canti! —
Risiede questo e quel degli altri fuora;
si mostra in piedi stando, e queste corte
rime ci dá la voce sua canora:
130— Nel sacro tempio di molt’altre porte
una vid’io, che sempre sta rinchiusa,
per cui non va chi sia soggetto a morte.
Era da basso in alto sparsa e infusa
di fin topazi, agate e rubini;
135veder qual entro sia non puoi, eh’è chiusa.
Per qua porterá i passi suoi divini
l’alto Valor, senza ch’aperta sia,
come splendor per vetri e bianchi lini.