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Vola qua giuso a noi l’augel divino
e da l’ottava stella e fermamento
descende agli pianeti e a lor vicino
fiammato cerchio; e la cagion del vento
passa veloce a la cita di Nino,
ove de la superbia l’argomento
vede la torre e temeraria massa;
la qual sdegnando, agli omeri si lassa.
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Viene al petroso ed arido deserto,
radendo a man sinistra il mar sanguigno,
quel dove l’ indurato re coverto
da Tonde fu col popol suo maligno;
vede fonte Marath che, amar’ offerto,
ratto addolci nel porvi dentro il ligno;
ed Israel, cui Tesser tolto increbbe
di servitú, mormorator ne bebbe.
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Poi giunge ove posáro le lor salme
quei degni di morir non anco nati
perfidi ebrei, fra le settanta palme,
da duodeci fontane dissetati ;
passa Talpestro Sina, ove tant’alme
di legge nude, ove tanti affamati
di pane corpi Dio satolli fece
di carne, manna e di ch’oprar lor lece.
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Qual vago cigno e piú di neve bianco,
ch’abbia sul volo assai per l’aria corso,
ferma le penne e dagli artigli franco
vien giú calando per dar fine al corso
(non che del del sia schivo, non che stanco,
ma da Tamor d’un chiaro fonte morso),
presto, vedendo lui colá, si pone
cantando dolce al luogo e a la stagione;