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Parve a Giovanni (il quale a le mill’onte
fatte al Maestro mille volte muore)
quella percossa a la serena fronte
come tanaglie gli stringesse il core;
non puote oltra soffrir le troppo cónte
malvagitá del brutto e rio pastore:
fugge piangendo, e ’l petto e ’l crin si lania
fin che pervenne a Lazar di Betania.
Turbossi oltra misura Pietro allotta,
come si turba il mar, percosso il cielo;
e se non che rimembra l’interrotta
dal Mastro impresa di ferir col telo,
forse di quel villano a l’empia botta
levato avrebbe a piú d’un Malco il pelo:
io dico «forse», che dubbiar mi face
d’un’ancilluzza il mormorar loquace.
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Al rimbrottar d’un’unta, affumicata
e venal fante, il cavaglier, che poco
dianzi animoso insanguinò la spata
e fe’ da cento armati darsi luoco,
ecco impaurito trema; e quella amata
tua Pietra, o buon Iesú, che a l’almo fuoco
scelt’ hai per sovra imporvi la tua Ròcca,
ecco se a lieve soffio in giú trabocca!
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Dico eh ’una bisunta e laida serva,
uscita forse allor de le patelle,
vede scaldarsi Pietro, il quale osserva
del Mastro le risposte accorte e belle.
Tutta si gli rivolta, qual proterva
cagna, cui vote pendon le mamelle,
che, visto il poverel, gli corre adosso,
ed esso al me’ che sa se n’ha riscosso.