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Non fin giamai eh’ un sonnacchioso quadre
con Tesser mio, che ’l sonno ombr’è di morte.
Ma sento venir giá Tarmate squadre:
non sará in voi chi Témpito sopporte!
Quant’era meglio, o Giuda, che tua madre
madre non fosse stata, o che mai pòrte
t’avesse le mammelle, poi ch’avaro,
piú che del sangue mio, se’ del danaro! —
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Pietro, che d’amor sempre ardeva in core,
or arde ancora di vergogna in faccia:
potean scusarsi alquanto del dolore
ch’avean di lui: pur voglion che si taccia,
pere’ hanno piú che certo a tutte Tore
fuor che Iesú non esser chi ben faccia.
Però, senz’altro dir, chiedon perdono
di quello e mill’error, ch’uomini sono.
iS
Giá di facelle ardenti e d’armi insieme
ecco vi appar gran copia di lontano:
fuggon l’ombre d’intorno e per Testreme
ripe va ’l finto di, va per lo piano.
Iesú nel petto l’alta doglia preme,
voltando a Pietro e agli altri il viso umano,
e parla: — Ecco, chi m’ha tradito viene!
Campate voi, ch’io pur sciorrò le pene! —
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Cosi dicendo, andava ver’ le torme
d’armati a piastre, scudi, elmetti e maglia.
Pietro sen corre presto, ed ove dorme
Andrea si ’l desta, e gli altri ancor stravaglia.
— Su! — chiama — ognun di voi seguite Torme,
ché viene in qua di gente una battaglia ! —
E, tolto sotto l’un de’ duoi coltelli,
ritorna presto e dietro gli van quelli.
T. Folengo, Opere italiane -u.
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