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Cosi tutti sanando passa e drento
al cortese castel fu ricevuto;
ed ecco il venerabile convento
degli asini giudei vi è giá venuto,
ed han fra sé di cento e piú di cento
sofíste trame un ordine tessuto
per allacciarlo a tempo, e su la traccia
raccór ciò ch’esso dica, ciò che faccia.
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In mezzo a quelli, sotto largo tetto,
montato agli altri sopra, si raccoglie,
ove con ragionar distinto e netto,
con argomenti gravi annoda e scioglie
non pur de’ libri sacri l’intelletto,
ma l’ostinate, fredde e sporche voglie
richiama, scuote, invita, rompe e piega
ed amorosamente alfin le prega.
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Cosi facendo tuttavia, gli crebbe
la turba si, che non quell’ampio luoco,
ma lo castello amplissimo non ebbe
spazio per gremir quella, se non poco.
Fra li molt’altri infermi, un che vorebbe
passar piú avanti è giá chiamando roco,
chiamando per lor grazia e cortesia
voglian stringersi alquanto e dargli via.
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Ma tutte son parole al vento sparte:
quantunque il buon voler vi fosse ancora,
la pressa è tal, che l’aria non la parte,
né vi è chi possa o voglia trarsi fuora.
Pur lo desio d’entrar gli porse l’arte,
ch’a’ preghi suoi vedendo che non fora
la stretta gente, al tetto va dissopre,
levandone le travi e ciò che cuopre.
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T. Folengo, Opere italiane - n.