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Férmati, Signor, dunque, e miserere
di me, Figliuol di David, ch’io son frale:
non voglio, no, e men saprei volere,
altri che tu mi franchi dal mio male:
giá non mi fa l’altrui favor mistiere,
dove tu di pietá mi spieghi l’ale.
Miserere , Signor, che discendesti
acciò che de le grazie tue ci presti ! —
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Or Cristo benedetto non l’attende,
né favvi alcun segnai d’udir quei prieghi:
men perdesi la donna e men si rende,
piú che par ch’esso d ’aiutarla nieghi.
— C’hai? — disse Pietro. — Gran dolor mi prende!
— Taci, non vedi ben che non lo pieghi?
— Spero piegarlo — Come? — In dirgli spesso:
Miserere , Signor, del fragil sesso!
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Dico: la figlia mia, Signor clemente,
l’anima mia, il core, l’unica prole,
m’è tormentata da quel frodolente,
da quel eh’ è privo de l’eterno sole.
A ciò il condanna l’ostinata mente,
ch’esser salvo da te giamai non vuole:
non cosi noi, Signor, non cosi noi!
Abbi, dunque, mercé, ché siamo tuoi! —
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Cristo pur tace, né anco ferma il piede,
ché d’altro aver pensier mostra sembiante.
Allor mossi a pietá, colmi di fede,
li discepoli suoi gli vanno inante,
dicendo: — Abbiate ornai di lei mercede!
Ecco, ci chiama a tergo, né, per quante
ville stan qui d’intorno, è per cessare
di sempre dietro a noi forte chiamare. —