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Ma questi mostri di maliccia sparsi
e qua e lá fan scusa finta e doppia:
esser bisogno a loro procacciarsi
l’arme contra la fame o secca stoppia.
Chi serba te presso le fiamme? o scarsi
chi serba voi presso colei che scoppia
di fame sol non per cibar che faccia,
anzi vien magra piú che ’n ventre caccia?
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Però vi tolgo l’ombra di tal scusa,
o voi, che sotto ’l mio stendardo siete,
di quanto al corporal di porto s’usa
per nulla via soleciti sarete:
ché se ’l Padre celeste in sé rinchiusa
tien cura di scemar la fame e sete
col freddo ad ogni fiera, ucello ed erba,
quanto piú voi, di poca fede, serba!
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Non sian in voi coteste cure, dunque,
cure di genti sonnacchiose al vero!
Pensan non caglia a Dio di lor, quantunque
del mondo Ess’abbia fatto il bianco e ’l nero!
Ma, franchi di que’ lacci, voi non unque
se non del cielo aggiate alcun pensiero,
ché queste vili e poco ferme cose
senz’astio vi dará Chi le compose.
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Ma fra le buone parti che ’n voi cheggio
(in voi parlo ch’avete a giudicare
le mende altrui dal mio donato seggio),
dovete a nulla guisa condannare
il mal d’altrui, se ’n voi sentite il peggio,
come gli scribi e farisei san fare;
e chi ciò segue e non se ne rimove
peggior giudiccio è per sentire altrove.
T. Folengo, Opere italiane - 11.
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