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rando attentamente due baicoli per vedere quale fosse il più lungo e da scegliere. Me gli avvicinai.
— Dottor Molesin?
Il cranio pelato scattò su e vidi passar sopra la solita faccia biliosa e austera un’ombra di angustia, che sparì subito.
— Servo suo, — disse Molesin piegando all’indietro la persona e posando le mani sul tavolo senza lasciare i baicoli. — Servo suo. Ha avuto la mia lettera? Risposi ch’ero venuto appunto per intendermi con lui circa la dilazione dell’asta; che vi accondiscendevo qualora nulla fosse mutato dalla sua lettera in poi. Prima di smascherare il briccone volevo chiudergli ogni porta di fuga. Egli mi rispose che nulla era mutato. Allora trassi la sua lettera e lo pregai di leggermene un brano dove non avevo potuto decifrar bene ogni parola. Era quello relativo al compratore della casa e Molesin me lo lesse esattamente: Zonca, fuori porta Codalunga.
— Senta, — gli dissi allora ex abrupto — mi conduca fuori Porta Codalunga da questo signor