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scesse il letto, guardò l’infermo che dormiva ancora, e, senza levarsi lo scialle, si mise a pregare fervorosamente con sommesse e frettolose parole.
Dopo dieci minuti il malato mise un sospiro. Allora la finta infermiera si alzò, si chinò sopra di lui e lo chiamò con impeto soffocato:
«Senatore! Senatore!»
Quegli aperse gli occhi torbidi e girò il capo verso la voce. «Una visita, senatore! Una visita!» «Sua Maestà?» balbettò il senatore. «Sua Maestà?» e tentò di alzare il capo. «Si, sì. Sua Maestà!» fece il piccolo prete prendendo subito l’accento dell’entusiasmo.
Gli occhi del senatore si accesero.
«Il Re? Il Re?» diss’egli.
«Dio!» rispose il prete. Lo scialle grigio gli cadde dalle spalle nell’atto che, levandosi dal petto un crocefisso, egli lo alzava con le mani congiunte alzando anche il viso nello slancio del suo zelo incauto. «Sua Divina Maestà, Dio grande, Dio misericordioso che Le apre le braccia, che La chiama, che manda me, suo ministro...» Quando aveva detto «Dio!» le coltri si erano agitate