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erano di guardia quella notte non si coricarono, ma si addormentarono nelle soffici profondità di due grandi poltrone accanto al caminetto del salotto. Per dormir meglio avevano posto la lucerna a terra, dietro un’altra poltrona.

L’infermiera seduta accanto al letto avanzò il capo a guardar il malato. Si alzò pian piano e lo guardò più da vicino. H. aveva gli occhi chiusi, la respirazione regolare. L’infermiera mise il suo scialle grìgio, uscì, attraversò in punta di piedi il salotto e dìsparve. Ritornò dopo cinque minuti, ancora chiusa nello scialle grigio. Il suo passo era diverso, più lento, più lungo e, vorrei dire, più largo; il passo insomma d’una persona molto cauta e molto incerta del fatto suo. Urtò leggermente in un tavolino e sostò un lungo minuto.

Le quattro gambe nere che uscivano dalle due poltrone verso il caminetto non si mossero e l’infermiera raggiunse senz’altre peripezie la camera del suo malato. Lì faceva ancora più scuro. Un lumicino da notte ardeva fra le invetriate e le imposte, velato dai cortinaggi. L’infermiera si guardò attorno un momento come se non ricono-