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altri e la camera si riempì di gente. Il Principe si accostò al letto e si curvò sull'ammalato. All’eccitamento momentaneo di prima era successo uno stato comatoso.

«Mi conosce, caro senatore? — disse S. A. R. — Sono Adalberto. Sono venuto a farle coraggio. Ella ha lavorato tanto per la gloria Sua e del nostro paese. La ringraziamo, io e il popolo. Le auguriamo di ristabilirsi e di lavorare ancora.» Il Principe tacque, rimase curvo per un momento sul morente, poi si rialzò e disse sottovoce:

«Credo che non abbia inteso.»

La sorella di H. ringraziò piangendo S. A. Uno degli amici disse solennemente a voce alta: «Intenderà la Nazione, e intenderanno i posteri.» Il Principe non gli badò affatto e prese congedo dalla signora e da suo marito dicendo che, se potesse venir riconosciuto dall’infermo, ritornerebbe. Quando, partendo, attraversò il salotto, un individuo mal vestito, con un piede di barba, si mise ad arringarlo: «Vostra Altezza ha oggi compiuto uno di quegli atti...»

Ma Sua Altezza, non potendone più di quella compagnia, gli voltò le spalle e uscì.