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v’era un vecchiotto alquanto rincivilito che offerse tabacco al notaio e parlandogli con un sorriso pieno di compatimento per l’ignoranza degli altri contadini e di soddisfazione per la propria sapienza, lo rassicurò, prima ancora che la questione fosse sollevata, sulla misura delle quote, rispetto alla legittima. «Matìo xe fin,» dìss’egli. Allora X. si pose a interrogare il vecchio e io mi posi a scrivere sotto la sua dettatura. Così, a forza d’interrogazioni e di segni, le case, i campi, i buoi, il cavalluccio, il maiale, persino il biroccino infame, tutto passò per la mia penna a beneficio di Gigio, di Tita e di Checco, i tre figli del testatore. «E vostra moglie? — gridò X. — Non volete lasciar qualche cosa a vostra moglie?» Il vecchio accennò di no, e tutti, compresa la moglie, confermarono che questa era la sua conosciuta volontà. «Bene — brontolò X. — a questo provvede la legge. Per questo ci rimetteremo alla legge.» «Sior, — disse la vecchia stoica — mi no intendo che me gai da tocar gnente. La fame la go patia prima e la patirò anca dopo.» Il mio principale non le diede retta e si dispose a leg-