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zioso ma molto alto, sta nell’angolo nord-est del Palazzo Reale, proprio nella torre. Ha due balconi immensi, uno sul mare, aperto, l’altro sulle grandi terrazze che degradano verso il porto militare; e ha, fra i due balconi, un caminetto di marmo nero dove quella sera, benché si fosse alla metà d’aprile, ardeva il fuoco. Una lampada elettrica sospesa in alto illuminava meglio il palco di ebano scolpito, a rosoni d’argento, che la snella persona del Re, ritta davanti al caminetto.

S. M. stese la mano al vecchio generale, che con la sua allampanata figura, con la sua magrezza portentosa, con i suoi lineamenti esagerati, pareva lo spettro di Don Chisciotte.

— Caro generale — diss’egli con voce affettuosa, ma vibrante di emozione — mi perdoni se l'ho incomodata a quest’ora. Avevo bisogno di Lei.

Heribrand rispose, alquanto freddo, ch’era sempre agli ordini di S. M.

— Non ho bisogno di un suddito — replicò il Re, gelando alla sua volta. — Ho bisogno di un amico. Lei è in collera con me? Il generale protestò e S. M. lo interruppe di-