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— L’avvocato Molesin, viscere mie, — mi rispose, — non scrive sotto la dettatura di nessuno.
— Se non scrive Lei, scriverò io.
Il tôno delle mie parole fu tale che Molesin si alzò in piedi fissandomi con due occhi torbidi di mala coscienza; parve l’assassino che sospetta nel suo interlocutore un agente di pubblica sicurezza.
— Scriverò io, — continuai, — che il signor Angelo Molesin si ritira perchè non c’è mutuo, perchè non c’è vendita, perchè non c’è compratore, non c’è niente!
Molesin chiuse gli occhi sotto il colpo e tacque. Li riaperse, non più torbidi; il buono schermidore sapeva finalmente da che parte veniva la botta, e in un lampo, a occhi chiusi, aveva disposto la parata.
— Si calmi, — diss’egli, con la solita odiosa espressione di compatimento. — Ella è stato a Treviso?
— Sì, signore.
— Già. Eh, ho capito. L’ho capito subito, quando la vidi al caffè. E lei ha cercato qui a Padova la Ditta Zonca?