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Ha detto un uomo di grandissimo e bizzarro ingegno — Alfredo Oriani — e troppi ripetono con lui, che la maternità è incompatibile con qualsiasi esercizio di vita sociale, e a dimostrazione dell’asserto portava con molte ragioni estetiche sostenute da immagini di grande bellezza poetica una sola ragione di fatto: l’anormalità di condizioni portate dalla gestazione. In realtà, codesta anormalità che non esce dal campo fisiologico non rende affatto incompatibile l’esercizio dell’attività femminile nel campo sociale.

Sarebbe enorme che la donna dovesse sacrificare tutta la sua vita individuale e la sua possibilità di divenire per i tre o quattro o cinque anni che complessivamente può prendere nella sua esistenza, il dovere materno.

Senza contare che l’esercizio di questo dovere non porta niente affatto con sè uno stato fisico patologico.

Una donna gestante non è affatto una donna malata, tanto vero che la gestazione non impedisce alle eleganti signore avide di mondanità le fatiche non piccole imposte dalla vita sociale. Perchè dovrebbe impedire alla donna che lavora l’esercizio di un’attività regolata, destinata a mutarsi in maggior benessere materiale?