Pagina:Flavia Steno - Cosi mi pare.djvu/307

300

dia d’argento, gli occhi immaginano, vedono il Santo. Lo vedono disteso rigido sotto il saio greve, come nell’affresco dei suoi funerali che è su nella chiesa superiore: lo ricompongono sulla scorta del ritratto che è nella tavola di Giunta da Pisa, conservata nella sacristia della catacomba: alto, inverosimilmente scarno, già trasmutato nel viso che ha l’espressione estrema dell’ascetismo, con appena quel tanto di materia indispensabile per formare il più ridotto involucro di uno spirito impaziente di liberazione; sopratutto lo rivedono vivo sulla scorta dei Fioretti della leggenda, della tradizione; rinnovatore della semplicità di Cristo, glorificatore della rinunzia, esaltatore della dolcezza.

L’eredità materiale del Santo della Povertà, tutto quello che di Lui è rimasto, si conserva, diventato reliquia, nella sacristia della chiesa inferiore. È il tesoro dei Minori Conventuali che hanno in custodia la Basilica. Ecco ciò che rimane del primissimo abito francescano; un pezzo di rozzo saio color terra, non bigio, non nero, non bruno, ma d’una tinta risultante dalla fusione di tutti questi colori insieme — una tinta che non temeva il sole, che fraternizzava coll’acqua, che conosceva la terra nuda per giaciglio, che passava incolume attraverso tutte