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Scendiamo ancora.

In una piccola cripta scavata sotto la catacomba gloriosa, è il sepolcro di S. Francesco.

La salma sacra non è visibile. Composta in una cassa d’argento, che oggi è ermeticamente chiusa, dopo il riconoscimento e la constatazione d’identità compiuta dal Pontefice Pio VII sulla scorta dei documenti conservati dall’ Ordine, la spoglia del Santo riposa ancora nella roccia di travertino dove, giusto il suo desiderio, i suoi fratelli la deposero sette secoli addietro e dove venne poi ritrovata.

Il blocco, grossolanamente tagliato, isolato dal resto della roccia, si eleva ora, come un alto sarcofago, nel mezzo della stanza sepolcrale, chiuso intorno da una cancellata protettrice. Un’altra cancellata chiude l’accesso alla scala che dalla chiesa conduce giù nel sepolcro. Nella penombra non diradata mai tremano due piccole stelle d’oro, due lampade dalla fiammella tenue, sempre vegliante, sempre viva. E il silenzio è profondo, solenne, imponente.

Anche l’impressione è profonda: viene dalla stessa infinita semplicità della visione, dalle memorie che essa risuscita, dai pensieri che suggerisce, dalla meditazione che sollecita.

Oltre la custodia di granito, oltre la custo-