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gran parte dall’umidità, Giotto e gli allievi suoi hanno fissato in affreschi meravigliosi i pili rilevanti episodi della vita e della morte di San Francesco. Non è illustrazione nè commento nè glorificazione, questa, è storia — storia semplice e piana narrata nello stesso stile dimesso, limpido ed efficace dei Fioretti avvalorata dall’interpretazione scrupolosamente esatta degli episodi, dei fatti, dei miracoli, fatta da uomini che furono quasi contemporanei del Santo e la tradizione viva appresero dai compagni di Lui e seppero l’ambiente dove si svolgeva e seppero lo spirito che la interpretava. Tutta l’anima del Medio Evo semplice e mistico fluttua viva fra queste mura consacrate, un’anima che armoniosamente s’intona alla suggestione d’Assisi, che ne continua l’impressione di serenità, che come quella parla soltanto di azzurro e di pace. Diversa, invece, infinitamente più profonda, più grave, più composta, quasi austera è la suggestione della chiesa inferiore che sorregge sulle sue possenti spalle la prima.

Gittata sul sepolcro del Santo e chinata a vegliarlo coll’oro stellato delle sue lampade, col baglior tenue delle nervature lucenti e degli stucchi a rilievo dorato, che disegnano l’au