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al dovere fatale il diritto di esercitarlo comunque, anche prescindendo da qualsiasi stato sociale. In realtà, di fronte ai costumi e alla legalità, soltanto la moglie può rivendicare il diritto a essere madre senza che codesto diritto si muti in stigma di disonore grave di conseguenze per tutta la vita. Intendiamoci; la legge e la morale corrente sono quello che sono e io non intendo di discuterle.

La mia modesta opinione intorno alla maternità non subordinata al matrimonio è formata da un pezzo: creare una vita mi pare una cosa tanto grande, tanto sublime, tanto divina, da non potere assolutamente venire menomata o diminuita dalle circostanze in cui si compie; le circostanze possono essere dolorosissime, irregolari, amare; — disonorevoli non mai. Tengo però a dichiarare che questo mio concetto altissimo della santità costante e assoluta della maternità non implica affatto la propugnazione della libertà del gesto da cui la maternità dipende. Finche le leggi ed i costumi e la coscienza dell’uomo di fronte alla responsabilità delle proprie azioni saranno quello che sono è anche, forse, un bene che a tutela dell’inesperienza, della debolezza e dell’inconsapevolezza della fanciulla vigili, sotto forma di scrupolo