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La città guarda dall’alto la vallata meravigliosa, saturandosi ad ogni alba nuova della sua indicibile bellezza. Così, da secoli. Da quando ancora essa non aveva dato al mondo un Santo e gli aveva già dato un poeta, Properzio, figlio anch’esso della sua terra, mistico anch’esso alla maniera del paganesimo, cioè triste di quella tristezza che non escludeva la voluttà, che nella stanchezza della voluttà aveva anzi la sua radice, e che solo più tardi col cristianesimo divenne malinconia dello spirito rivolto in alto sopra la fralezza e sopra la morte: da quando ancora non esistevano i suoi conventi e già esisteva il portico di Minerva che ancora oggi drizza sulla Piazza il suo frontone triangolare sostenuto dalle sei colonne corinzie.

I secoli sono passati sopra Assisi senza mutarla; delle diverse civiltà che questa terra ha veduto, delle contese ch’essa ha suscitato perchè fu bella e ricca, rimangono le traccie, rispettate con un buon senso e un buon gusto che formano la delizia dei suoi devoti: non rimane lo spirito. Lo spirito d’Assisi è uno ed è più recente: ha messo il suo suggello d’una infinita pace sugli uomini e sulle cose, sui chiostri dove il suo fondatore pregò e dove la