suo sorriso, d’un suo insegnamento in ogni pietra delle sue case, in ogni dirupo del suo monte, lungo ogni sentiero delle sue campagne: ma forse quello spirito subì a sua volta l’influenza possente e sottile di questo ambiente, tranquillo come un eremo e sereno come un chiostro, sentì il fascino di questa natura espresso in una bellezza tutta suggestiva di pace, di dolce e maestosa serenità, di raccoglimento riposante, e a sua volta lo tradusse nelle caratteristiche della sua virtù: la semplicità e il distacco. Se un Santo doveva dare questa città, non poteva essere che quello che chiamava dolce sposa la Povertà e sorella la Morte, che la carità estendeva a tutte le creature, e creature considerava anche le cose, che ignorava la combattività e detestava la violenza. Si comprende come il Santo della dolcezza parlasse al sole, alle piante, agli animali, con accenti fraterni, quando s’è percorsa lentissimamente, lasciando penetrare nell’anima l’anima delle cose, tutta la vallata che da Perugia porta ad Assisi e più giù si prolunga, distendendosi, sotto il poggio che porta la città mistica, in una sconfinata pianura verde, d’un verde tenue e tenero, argentato qua e là dalla pennellata d’una macchia d’ulivi, tagliato dalla linea