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ugualmente responsabile doveva dichiararla il Codice Civile nella valutazione della tutoria potestà e se il romper fede all’amore legalmente consacrato veniva a costituire per lei un delitto contemplato dal Codice Civile e Penale, ugualmente suscettibile di riprovazione morale e di pena legale doveva essere considerata la infedeltà dell’uomo.

Tutte queste riforme si imponevano, tutte queste riforme si impongono. Soltanto, come le le hanno chieste, come le chiedono le donne?

Alcune, le più avanzate, cominciano il movimento dal vertice anziché dalla radice; reclamano per la donna il voto politico per giungere, attraverso quello, alla conquista dei diritti civili legittimamente richiesti, credono necessario conquistare il diritto a fare le leggi per modificare ciò che permane di assurdo nelle leggi attuali. E dimenticano una cosa semplicissima: l’impreparazione desolante e disperante della donna a esercitare il diritto politico, il quale diritto io, personalmente, ritengo tanto teoricamente e astrattamente legittimo, quanto praticamente superfluo e forse dannoso.

Io confesso che il problema riflettente la condizione politica della donna mi sembra almeno un problema di lusso di fronte all’unico