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dalla fisionomia morale della città. Il ricordo estetico del suo piccolo lago verd’azzurro — un lago di malachite stemperata nell’opale — vegliato dall’alta pace delle montagne solenni che invano i piccoli uomini profanatori tentano di deturpare con funicolari ignobili e di addomesticare con una dégringolade di villini appollaiati sul fianco roccioso aspro e nudo — non basterebbe per determinarmi a varcare il confine.
Il richiamo è più forte: viene dai mille aspetti di vita che in questa piccola città si fondono; dalla strana fisionomia sua, metà villaggio e metà Cosmopolis; dalla sua anima blasée che le fa ospitare colla stessa indifferenza un sovrano autentico, e l’ultimo ribelle di Peretola in contumacia di sentenza pretoriale; dalla saturazione d’internazionalità, che l’ha tutta penetrata e che l’ha preparata ad accogliere le espressioni più audaci e le più avanzate forme di modernità — nella vita pratica come in quella filosofica — con una semplicità che forza l’ammirazione.
Poche, io direi nessuna città al mondo è interessante come Lugano sotto codesti punti di vista; io non so se ci venga con disposizioni ammirative, certo ci ritorno sempre colla