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gente di energie, sviluppo di personalità, difesa contro le insidie del sentimento, luce, volontà, forza, che facesse della donna chiamata a diventare una individualità sociale, una creatura dignitosa e responsabile, intelligente e forte, sana e audace, capace di affrontare la vita, la lotta, il dolore, la fatica a fianco dell’uomo come nobilissima compagna sua, uguale nei doveri, uguale nei diritti — oppure austeramente sola, serena, indipendente, padrona del proprio cuore e padrona della propria vita.
Mutata così la condizione di fatto della donna, era naturale si sentisse l’anomalia e il disagio della sua condizione giuridica e della sua condizione morale: certe leggi e certe tradizioni che fin qui l’avevano vincolata e sommessa alla tutela paterna, prima, maritale poi, sociale sempre, sono sembrate illogiche ed assurde e persino tiranniche.
I nuovi doveri esigevano il riscontro di diritti nuovi legittimi. La donna doveva poter disporre liberamente del frutto del proprio lavoro, e doveva liberamente poter esercitare una professione un mestiere anche indipendentemente dall'autorizzazione maritale. E se il Codice Penale la considerava responsabile alla stessa stregua dell'uomo rispetto alla passibilità delle pene,