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gner morì — o di fronte a quel miracolo di marmo, che è la casa di Desdemona — o, più oltre, nell’arco di canale, che volge dolcemente a Rialto, presso casa Mocenigo, che ancor porta nello scudo, in tanti leoni rampanti sdegnosi, la possanza di sette dogi. Bisogna rassegnarsi a sentire il nome di tutti i successori nella proprietà di quelle memorie gloriose; del padrone di ogni pergolo, d ogni ansa, d ogni ogiva, d’ogni griglietto, d ogni ricamo, di ogni trilobatura.

Il gondoliere tace soltanto quando è finita la sfilata dei palazzetti più o meno famosi, più o meno ritti nella loro primitiva superbia, più o meno completi nella nativa purezza delle linee.

La gondola, presso Rialto, svolta in un canaletto tortuoso, fiancheggiato da povere, da umili case che la salsedine corrode, che l’umidità riveste presso le fondamenta di tinte verdi bellissime, che qua e là mostrano dalle screpolature dell’intonaco il rosso vivace dei mattoni — sola nota viva nella grigia tavolozza.

Il fascino perdura, diverso ma non meno intenso: una lunga fila di granchiolini, aggrappati alle fondamenta di una casa, sono messi