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e ricadere di mille stille, che non rompono l’incanto della quiete divina, ma la completano e la scandono con armonia discreta.

Venezia è questa: qua e là dal maggior canale gli austeri palazzetti, tutti bigi e neri, scolorati dal tempo, corrosi dall’acqua, chiazzati dall’umidità, che pare abbiano un’anima sulla facciata, che pare abbiano per facciata un viso, un vecchio viso triste, stanco di memorie gloriose e dolorose, che invano ripensa il passato, che mal s’acconcia al presente, che più non crede nell’avvenire.

Venezia è questa: l’acqua che passa, un palazzetto che sogna e il silenzio. Sopra tutte le cose, il silenzio: nell’ampio, lontano, vicino, dovunque. È l’anima di Venezia, questa, e la sentite palpitare sempre, dappertutto — non in quest’ora soltanto, ma a tutte l’ore — non sull’acqua solamente, ma dovunque.

Una piccola calle brulicante di folla par debba strapparvi al fascino del sogno, ripiombarvi nella vita, ribadirvi alla realtà. I:ou temete: allo svolto del vicoletto breve, l’anima di Venezia è là: una striscia di verde mobile, che tace e vi attende, una gondola bruna, che si perde sotto un ponte rustico, due occhi di popolana, che vi guardano buoni — occhi verdi