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verchiati come siamo dal pessimismo che lia accartocciato e assiderato l'anima nostra: esiste ancora sulla terra il sole, e i nostri occhi non lo vedono più, fìssati con ostinazione nelle tenebre — esiste ancora tra gli uomini- la bontà, l’amicizia, l'amore, la generosità, e noi non ci crediamo più... Questa, questa è la sorgente del nostro soffrire!

Ci aggrappiamo disperati all'illusione, tendiamo le mani e il desiderio verso la speranza, e non abbiamo più la fede! Iotl crediamo più negli uomini, non crediamo più in noi. Come potrebbe sbocciare il divino fiore della gioia, l'azzurra pianta della felicità in un terreno di cenere?

Non la vita mentisce — non il tempo tradisce — il nostro piangere non viene dalle cose, ma da noi; sgorga dall'intimo dell'anima nostra e si diffonde, non più in rugiada benefica, ma in brina devastatrice.

Il tempo non rimedierà questo stato di cose — nessun anno nuovo porterà la panacea per questo terribile male — noi non potremo ricevere mai più la grazia divina della gioia, se non disponiamo prima lo spirito ad accoglierla — ogni speranza nuova darà frutti di cenere, se non metterà sue radici in un terreno di fede.