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fondamente l'espressione decorativa del principio reale. Alla regalità moderna manca assolutamente il «culto esterno». I Sovrani non muovono più coll'ermellino sulle spalle — le Corti non sono più il convegno abituale di tutta una classe della nazione. A tutto quello che era prestigio, fasto, pompa, si sono sostituite virtù più solide e più mirabili qualità, ma tutte fatte per semplificare la vita e non per adornarla.

Noi non abbiamo, dunque, una Corte che possa costituire un principio attivo per la creazione d’una moda nuova, «nostra», e non abbiamo nemmeno il modo di sostituirla. Eoi non possiamo, come Parigi, offrire al mondo intero un convegno permanente di tutte le espressioni più energiche, più audaci, più piacevoli, più saggie, più folli, più mirabili, più detestabili del vivere moderno. Roma? Roma è altra cosa i è il convegno diplomatico e mistico e artistico del mondo intero, sì, ma non è, rispetto alla vita, il poliedro sfaccettato e brillante che è Parigi. Poi, un convegno internazionale sarebbe piuttosto negativo di fronte alla riuscita della imposizione d una moda nazionale.

Dunque? La conclusione è evidente. Bisogna limitare le aspirazioni nostre chauviniste a un adattamento della moda che Parigi ci presenta.