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inonderà egualmente la città, ancorchè siano chiuse le comunicazioni laterali dell’Arno, ed a tale opposizione soggiungo: primo, scorrere un certo tempo prima che le filtrazioni giungano a livellarsi con le piene del fiume, nel qual tempo calano le piene medesime, che sono per solito di breve durata in fiumi dalla natura torrenziale com’è il nostro; secondo, doversi sopprimere tutti gli smaltitoi che fossero in qualche vicinanza del fiume, e supplire a quelli con vasi a tenuta; terzo, alzare ove occorra le gole dei pozzi, e chiudere tutte quelle aperture che fossero al disotto delle massime piene; quarto, rivedere tutte le pareti interne, e pavimentare con buono smalto tutte quelle cantine che fossero sferrate; finalmente usare ogni diligenza che stia ad impedire il meglio possibile le filtrazioni che comunque avvenissero non sarebbero mai tali da compromettere la intera città ma solo da molestare qualche privato.
Quanto poi al rialzamento delle spallette, o sponde io ritengo l’opinione medesima esternata dal matematico Perelli, cioè di alzarle un braccio circa principiando non solo coma egli dice dal tratto immediatamente superiore al Ponte a Rubaconte, e seguitando fino alla coscia del Ponte alla Carraja, ma tale inalzamento dovrebbe operarsi dalla fabbrica della Zecca inclusive, ed estendersi fino alle molina della Vaga Loggia sulla destra del fiume ove ricorrono orti, e fabbriche di particolari, regolando peraltro tale rialzamento a norma della cadente delle piene massime, per modo che resultasse di un mezzo braccio almeno supe-